L'autore insieme a una lettrice de "La Grande Inculata".
XVI. MUTAMENTI
Ieri ho regalato l’unico televisore che avevo
nell’appartamento a mia sorella che tra qualche mese si sposerà. L’ho fatto
perché ormai non posso più guardarlo. “Il Grande Fratello” e l’invasione dei
reality show, Biscardi e tutto il bla bla bla sportivo, Costanzo e gli amici di
sua moglie, “Studio aperto” e quell’ibrido del suo direttore… Non c’è scampo!
Il processo
involutivo da uomo a larva è irreversibile. Comincio a perdere colpi, le uniche
medicine che assumo sono dosi abbondanti di Vecchio Jack, ma sono palliativi
inutili.
Zio, la Blatta e Mastro Marasca
sono venuti a trovarmi nel pomeriggio. Ho dovuto correre il “rischio crisi”
perché avevo voglia di fare due chiacchiere e poi, ubriaco com’ero la capacità
di percezione del Vuoto era ridotta ai minimi termini.
Abbiamo parlato
per un’oretta abbondante, durante la quale ho saputo che Zio e Mastro Marasca
sono reduci da una settimana bianca trascorsa in Trentino, Mastro Marasca ha
cambiato lavoro e ora fa il benzinaio, Zio ha fatto l’abbonamento a una
palestra con Gisto.
“Perché non
vieni anche tu?” ha proposto Zio. “Magari ti farebbe bene!”
“Non credo” ho
risposto, “ci sono andato un paio di mesi molti anni fa e ti assicuro che non è
proprio l’ambiente adatto a me la palestra.”
Ad un certo
punto la Blatta
ha monopolizzato la chiacchierata con l’argomento Giamaica. A settimane infatti
dovrebbe trasferirsi alcuni mesi sull’isola caraibica per lavoro (non ho capito
bene se come barista, cameriera, sguattera o che); si è licenziata l’altro
giorno dal suo lavoro di segretaria nell’azienda informatica albanese dove
lavora anche Capocchia, troppo frustrata per tirare avanti. Credo che il suo
cervello, da quando non è più insieme al buon Gisto, sia andato lentamente e
inesorabilmente disgregandosi: da diverso tempo è alcolizzata e da troppo tempo
inpenetrata, così ho il sospetto abbia deciso di andarsi a
disintossicare con la ganja e a lubrificare con il big bamboo.
“Mi ha fatto
piacere vedervi” ho detto proponendo un brindisi con le Ceres che gli avevo
offerto, “magari tra un po’ vi invito a un mio compleanno.”
Ci siamo
salutati e mi sono accostato alla finestra, osservando i miei chiamiamoli amici salire sulla macchina
di Mastro Marasca. Ho pensato che oltre al regresso spirituale che hanno
(abbiamo) avuto, anche l’aspetto fisico è drasticamente mutato in peggio
rispetto a pochissimi anni fa. L’alcolismo ha reso la Blatta una parodia di se
stessa, gonfia, pallida, ciondolante. Zio, benché vada in palestra è imbolsito,
notevolmente abbruttito rispetto a quel bel ragazzo che era. Mentre Mastro
Marasca ha accumulato strati di grasso nella pancia e nella pappagorgia tanto
da sembrare la brutta copia di un Buddha.
Sono andato in
bagno a guardarmi allo specchio. Quello che ho visto non mi è piaciuto.
XVII (VIXI). ROBBY PER GLI AMICI
“Mi sono perso” disse entrando Robby. “Potete indicarmi la
strada per il paese?”
“Beh, è un po’
lontano da qui, saranno almeno quattro o cinque chilometri” gli riferì Bongio.
“Sei in scooter?”
chiese il Trucido.
“No, sono a
piedi.”
“E da dove vieni
a piedi, con questo freddo e in mezzo a questa campagna desolata?” feci io.
“Passavo…” stava
dicendo, quando Maso propose un brindisi “alla gnocca” e la risposta del
giovane cadde nel fondo dei nostri bicchieri colmi.
“Suvvia, siedi
qui con noi” propose Gallo. “Bevi qualcosina poi qualcuno di noi ti porterà in
paese.”
“Va bene, siete
molto gentili” rispose Robby per nulla intimidito da quella bolgia di ubriachi.
Il livello
etilico nel sangue era molto alto per tutti a quel punto. Maso era quello più
fuori di tutti, colpa anche dei cannoni fumati prima di cena.
“Come ti chiami
bimbo?” gridò euforico Gisto.
“Robby per gli
amici.”
“Vuoi uno
spinello Robby?” propose Maso.
“Mmm, veramente…
non so se…”
“Dai, cosa vuoi
che ti facciano due tiri a una canna” insisté Gallo. “Fuma che è tutta salute!”
Fumò Robby, e
non si tirò neppure indietro durante le varie levate al cielo di bicchieri.
Reggeva bene il ragazzino venuta dal nulla, così almeno ricordo di aver pensato
osservandolo integrarsi così bene in mezzo a noi adulti.
Era già
mezzanotte passata quando Robby chiese se qualcuno poteva accompagnarlo.
“Aspetta ancora
un po’” dissi, “ci facciamo un altro paio di bicchieri poi ti porto via io.”
“Ok, grazie.”
XVIII. COMPLEANNO AL SIRIUS
L’ultimo compleanno che ho festeggiato al Sirius da Tony e
Mamo è stato poco prima dell’ultimo Natale. Era il mio 63° o 64° compleanno.
Tutti sapevano ormai della terribile malattia che mi affligge. Mamo mi aveva
suggerito di fare un mega party al Ruvido, una discoteca per fighetti di
Bologna. Ovviamente avevo declinato il consiglio dato che non sarei mai uscito
vivo da un tale regno del Vuoto.
Quella sera al
tavolo del pub c’erano, oltre a Tony e Mamo, Gisto, Mastro Marasca, Zio, Bongio
e sua moglie Cristina, Capocchia e la sua morosa Fedora, Lennon e la sua morosa
Paolina, Maso e sua moglie Rachele, la Blatta e suo fratello Artemio, la Vanny con il suo ragazzo
Bruno, Betty, Dolores e una loro amica che mi avevano presentato quella sera
come Clementina.
Maso aveva della
cocaina rimastagli da una notte vandalica con Gallo e Idalgo; fu così gentile
da offrirmene qualche riga, prontamente tirata nel bagno del locale.
Stetti
abbastanza bene per tutta la serata, a parte una leggera crisi iniziale dovuta
a una frase pronunciata dalla Vanny: “Mia sorella lavora all’esilo e ci piace
tanto.”
Dopo mezz’ora
ero talmente fatto che neanche mi accorsi quando sempre la Vanny disse: “Bruno ha
comprato l’ultimo modello di tv al plasmon.” Per fortuna!
Mamo e Tony
offrirono molto gentilmente vino e birra a profusione (io scorsi nella loro
cortesia anche una certa dose di compassione nei miei confronti). Visto che con
quelle due fighe frigide di Dolores e Betty non si cavava un ragno dal buco,
puntai tutte le mie fiches su
Clementina. Avevo notato che mi osservava con interesse e poco dopo notai anche
che parlandole avevo scatenato la gelosia della Vanny (che per quanto fosse con
il fidanzato-fantoccio era ancora innamorata della sua puttana) e della Blatta
(che solo una settimana prima, in uno di quegli slanci di sincerità che si
hanno solo quando si è ebbri di alcol, mi aveva confidato di essere pazza di me).
Conversai
piacevolmente con Clementina e non solo perché ero carico di benzina; scoprimmo
di avere gli stessi gusti musicali e la stessa passione per la letteratura.
“Qual è la tua
canzone preferita?” mi chiese.
“O surdato
‘nammurato” risposi.
“Ma dai! Anch’io
la adoro. E il tuo libro o scrittore preferito?”
“Mah, potrei
dirti con più facilità chi sono i libri e gli scrittori che non mi piacciono,
ce n’è talmente tanti in giro! Mmm… ah sì, eccone uno che adoro: il Kamasutra!”
“Wow!”
Andai poi in
brodo di giuggiole quando alla mia domanda sui suoi gusti sessuali mi rispose
che non aveva tabù e amava provare tutto, era andata a letto un paio di volte
anche con una sua amica.
“Tu sei la donna
dei miei sogni” le dissi solenne.
La conversazione
si spostò poi sul mio stato di salute.
“Vedi” la
informai, “il Morbo di Giacomo Kellerman – detto anche sclerosi antropofobica
progressiva – non è una malattia contagiosa, è sostanzialmente una malattia
psicosomatica cronica e se al mondo fossero tutti come te, non esisterebbe.”
Stavo bluffando
ma lei non se ne accorse. E forse neanch’io!
“Ora sono
praticamente invalido” proseguii, “e non posso più lavorare o stare troppo a
contatto con le persone, ma non c’è nessuna controindicazione che mi impedisca
di fare sesso…”
La sera stessa
mi offrii di riaccompagnarla a Bologna dove abitava con gli zii. Scopammo nel
suo tugurio di camera. Quando la mattina mi svegliai nel letto di quella
sconosciuta e misi a fuoco la situazione, il primo pensiero a passarmi per la
mente fu: “Mio dio, che brutti scherzi giocano i mix di alcol e droga!”
XIX. SCHELETRI E BIGLIETTI
Ognuno ha i suoi scheletri nell’armadio, solo che c’è
qualcuno che nell’armadio tiene dei fossili di dinosauro. Qualcuno come me per
esempio.
Quando ero
innamorato di Alice e lei mi lasciò, dentro me calò la notte e in quel buio
impenetrabile nacquero propositi tragicomici. Non so perché ne parlo, non
essendoci vergogna più grande di quella che provo soltanto ripensandoci.
Una volta, per
trovare un modo di impietosire Alice (evidentemente in quel momento di oscurità
totale pensavo fosse un buon metodo per farla tornare da me) finsi di scivolare
sotto la doccia di casa e sbattere la testa per poi simulare la perdita della
memoria. Quando mia mamma – dopo dieci minuti – capì che era una ridicola
messinscena, il piano cadde nel cesso insieme alla mia dignità. (PRIMO
FOSSILE).
Un giorno
riuscii a farmi ricevere da Alice in casa sua; era sola e siccome con la mia insistenza
stavo peggiorando la già stracompromessa situazione, esasperato le misi le mani
al collo. Credo che se avessi stretto per altri due secondi la mia storia
sarebbe ben diversa e non l’avrei fatta franca come con l’omicidio di Robby.
(SECONDO FOSSILE, TIRANNOSAURO).
Beh, affanculo!,
mi vergogno troppo per mostrarvi altri fossili. Prima ho detto di non sapere
perché ne parlo, in realtà ho appena ricevuto una telefonata proprio da Alice
(casualmente avevo il cellulare acceso): è per questo che l’armadio di fossili
si è spalancato.
“Ciao Simone,
sono Alice.”
“Alice chi?”
“La tua Alice!”
Sono rimasto
qualche istante interdetto. Possibile che avesse detto “la tua Alice”?
Forse me lo ero immaginato, ad ogni modo era lei, il grande amore del mio
passato. Aveva saputo della mia situazione disperata di morituro, così adesso
mi chiamava per sentire come stavo.
“Mah, potrei
stare meglio” le ho detto. “Come diceva Rutger Hauer prima di uccidere la sua
vittima ne “I falchi della notte”: “Non ti devi preoccupare, vai in un mondo
migliore”. Sto per fare le valigie… E tu come stai? Non parlo con te da almeno
sette anni!”
“Io sto bene.
Dopodomani vado in vacanza nella nostra villa in Sardegna con Idalgo e i bimbi.
Abbiamo rischiato di non partire perché a Idalgo hanno rubato quattromila euro
la scorsa settimana mentre era fuori con Gallo e Maso. Quanti delinquenti ci
sono in giro!”
“Eh già! Bene,
l’importante è che tu sia felice.”
“Oh,
felicissima!”
Ho scritto un
racconto qualche tempo fa in cui il protagonista conclude la storia dicendo:
“Mi sento come un biglietto vincente della lotteria smarrito: valgo una fortuna
ma nessuno mi intascherà mai.” Ecco, Alice mi ha fatto pensare a questo, e al
fatto che c’è tanta gente che crede di aver vinto alla lotteria con il
biglietto… dell’autobus!
XX. IL MIO MONDO
Ho trascorso la giornata di ieri a farmi autoscatti e oggi
mia sorella mi è andata a ritirare i cinque rullini utilizzati. Ho decine di
fotografie sotto gli occhi e non riesco a farmene piacere neanche una; sto
cercando la migliore da mettere sulla lapide insieme all’aforisma perfetto che
non ho ancora creato.
Lascio perdere e
vado a segnare sul muro del bagno una frase tratta dal libro che ho appena
terminato: “… le opere di valore nascono solo sotto il premere di una vita
cattiva, colui che vive non lavora e, per essere perfetti creatori, bisogna
essere morti.” Il libro è “Tonio Kroger” di Mann, volumetto che ho inserito
nella mia speciale libreria.
Quando osservo
tutte quelle opere mi vien sempre da pensare ai miei primi libri pubblicati:
“Cavalcando un fenicottero nano deforme” e “Dioniso misantropo”. Come ho potuto
farmi plagiare da editori criminali e spendere vagonate di quattrini per
pubblicare della roba ‘sì vergognosa?! Quella non era letteratura, quei
libri erano schifezze partorite da una mente omologata, inesperta e pure
ignorante. La musa ispiratrice di “Cavalcando un fenicottero nano deforme” è
stata la sofferenza, il mecenate di “Dioniso misantropo” è stato il mio
egocentrismo e sia nel primo che nel secondo libro non c’è traccia di fantasia
o originalità o freschezza o quello che cazzo volete. Feuilleton banale e
mellifluo “Cavalcando un fenicottero nano deforme”, “grido” pateticamente
ribelle “Dioniso misantropo”, sono entrambi il simbolo di quello stesso male
che ora aborro e che porterà sotto terra le mie povere membra: il Vuoto.
Solo dopo aver
scritto e pubblicato quei libercoli ho iniziato a scoprire realmente il gusto
per la scrittura e le sue proprietà terapeutiche. Se “Cavalcando un fenicottero
nano deforme” e “Dioniso misantropo” hanno qualcosa di buono è solo questo: mi
hanno introdotto in un mondo dove mi sento perfettamente a mio agio. Se non mi
fossi innamorato della letteratura, con ogni probabilità sarei oggi un serial
killer e Robby non sarebbe stata che la prima di una lunga serie di vittime.
Cazzo, cazzo,
cazzo, tra poco abbandonerò questa vita e non ho visto pubblicata nemmeno una
mia opera decente. È un pensiero estremamente fastidioso.
Cazzo, cazzo,
cazzo, non ho creato mai un cazzo. Sono stato solo capace di distruggere. Sono…
solo un assassino, sono solo un assassino, sono
solo un assassino, sono solo un assassino, sono solo un assassino, sono solo un
assassino, sono solo un assassino, sono solo un assassino, sono solo un
assassino, sono solo un assassino, sono solo un assassino, sono solo un
assassino, sono solo un assassino, sono solo un assassino, sono solo un
assassino, sono solo un assassino, sono solo un assassino, sono solo un
assassino, sono solo un assassino,
sono solo un assassino, sono
solo un assassino, sono solo un assassino,
sono
solo un assassino,
sono
solo un assassino,
sono
solo un assassino,
sono solo un assassino,
sono solo un assassino,
sono solo
un assassino…
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