Pochi sanno che da "La Grande Inculata" è stato tratto un film (vietato ai minori di 18 anni) con protagonista l'autore stesso e la partecipazione straordinaria di attori del calibro di Jimmy il Fenomeno e Salvo del Grande Fratello. Regia di Pupi Avariati. Uscito nelle sale della provincia di Bologna nel 2008 è stato ritirato poche settimane dopo per volere del Ministero dei Beni Culturali.
Nella foto sopra una scena rubata sul set. Gli attori provano la scena clou.
XXIII. NON C’E’ PIU’ TEMPO
Tralascio di inserire i capitoli XXI e XXII perché erano
trenta pagine di…
sono
solo un assassino
Se siete
cinefili non vi sfuggirà la reminiscenza: Jack Nicholson in “Shining”, il mio
film preferito in assoluto.
Temo che il
germe della follia si stia facendo strada tra le mie cellule cerebrali, eppure
il professor Moruzzi aveva spiegato che il decorso della malattia porta alla
morte nella più totale lucidità. Almeno mi pare, non ne sono più così sicuro.
Non sono più sicuro di niente. So solo che l’aurea mediocritas delle
persone fuori da questa casa ha raggiunto il parossismo e una mia eventuale
incursione nel mondo là fuori potrebbe essermi fatale.
Devo sbrigarmi a
finire questa storia, non c’è più tempo, l’Infame Orologio scandisce i suoi tic
e i suoi tac imperterrito.
Stasera sono
stato invitato a Villa Skreta per cena. Non so se ci andrò, anche se non mi
dispiacerebbe rivedere forse per l’ultima volta la casa dove sono cresciuto. Da
più di un mese e mezzo non metto il naso fuori da queste mura e il rischio di
perire al primo alito di Vuoto è quanto mai concreta.
Non voglio
insinuare che i miei cari siano gente traboccante Vuoto, ma il Vuoto può
venirti soffiato in faccia come gas nervino da chiunque, anche dalle persone
apparentemente meno sospettabili.
Il professor
Moruzzi mi raccontò un giorno di un caso emblematico. Un suo paziente svizzero
affetto da sclerosi antropofobica progressiva venne invitato una sera a casa di
un amico italiano, un docente universitario di lettere; costui era appassionato
di astrologia e cosmogonia, di storia dell’arte, era esperto di numismatica e
gran collezionista di libri antichi, dipingeva quadri eccelsi e suonava alla
perfezione almeno tre o quattro strumenti musicali, parlava cinque lingue e
aveva viaggiato il mondo in lungo e in largo. Durante la conversazione che
ebbero quella sera questo professore ad un certo punto se ne uscì così:
“Sono un
leghista convinto. Credo che tutti questi extracomunitari puzzolenti debbano
essere rimandati nei loro paesi a calci in culo. Ognuno a casa sua!”
Il suo ospite
esalò in quell’istante l’ultimo respiro.
È quasi scontato
che succederà così anche a me, ma devo procrastinare il più possibile quel
momento, dato che come detto non c’è più tempo e non ho ancora vuotato tutto il
sacco.
XXIV. A UN PASSO DALL’INFERNO
A quel punto le bottiglie di vino vuote raggruppate in un
angolo erano una ventina abbondante. Dopo aver preso il caffè avevamo spostato
la tavola in modo da rendere la sala da pranzo una piccola sala da ballo. Gallo
mise la musica a palla e tutti, Robby compreso, ci scatenammo in pista.
Dj Maso
sceglieva la musica: Prodigy, Chemical Brothers, Duft Punk. Alle due ancora ci
davamo dentro, poi pian piano, ci rimettemmo a sedere uno alla volta, esausti.
Robby solo continuava instancabilmente a ballare.
Mi guardai
intorno e notai con un certo stupore che i volti dei miei amici erano come
ipnotizzati dal giovane sconosciuto. Egli – anche se può sembrare un assurdo
tentativo di giustificazione – emanava un’ancestrale aura maliarda, un qualcosa
di magico e oscuro che mi terrorizzò.
Quando Robby,
quasi ridestatosi dalla trance del ballo si accorse di essere rimasto l’unico
in pista, si avvicinò allo stereo e abbassando la musica disse:
“Qualcuno mi può
accompagnare ora? Sono pronto.”
“Per andare
dove?” chiese Mastro Marasca intronato dall’alcol e dalla musica.
“Per andare in
paese.”
“E vacci da solo
in paese” sbuffò Zio in un tono a metà tra sfida e noia.
“Non scherzate
signori, ora devo andare sul serio. Non posso rimanere qui, la Vita mi aspetta…”
“Vattene un po’
affanculo sbarbatello” disse irritato Maso. “Chi sarebbe questa Vita? Tua mamma?
Tua sorella? Perché non viene lei a prenderti?”
“Quanto siete
tristi!” disse ironicamente Robby. “Siete tutti dei cadaveri. Non ho mai visto
tanti morti viventi tutti assieme!”
E come morti
viventi, quelli del film di Joe Dante, ci scagliammo improvvisamente su Robby.
STOOOOOOOOOP!
(n.b.: nel libro stampato nel riquadro sopra c'era l'immagine di un semaforo)
Da questo punto in avanti si aprono
le porte dell’inferno. Non vi obbligo a seguirmi, ma se lo farete, vi giuro che
tutto ciò che racconterò ora è pura verità, anche se dovrete costringervi a
credermi con tutte le forze tanto vi parrà assurdo il prosieguo.
Prima di
continuare vado a farmi un po’ di Vecchio Jack…
XXV. LA SPERANZA
Mamma ha aperto la porta bruscamente. Con lei c’era il
professor Moruzzi. Fui sorpreso.
“Simone! Simone!
Senti cos’ha da dirti il professore!”
“Calmati mamma,
che succede? Professore?”
“Forse c’è una
speranza” disse Moruzzi.
“Una speranza?
Per cosa?”
“Non ci facciamo
troppe illusioni, ma un famoso ricercatore americano ha trovato un vaccino
capace di guarire il Morbo di Giacomo Kellerman. Tutto è ancora in fase
sperimentale e siccome ci sono talmente pochi casi di sclerosi antropofobica
progressiva nel mondo, ho pensato di sottoporti alla sperimentazione del dottor
Winkler.”
“Dovrei fare la
cavia?”
“Stai tranquillo
, anche se non è certa l’efficacia, è sicuro che non presenta effetti
collaterali.”
“In cosa
consiste?”
“Beh, il vaccino
è una semplice pastiglia, si chiama Vicagon, della casa farmaceutica Testa, una
sorta di potente antidepressivo.”
“Tutto qui? Per
curare il Morbo di Giacomo Kellerman basta una caramella antidepressiva?”
“No, non è
tutto.”
“Ascolta,
ascolta bene Simone” si intromise ansiosa mamma.
“Gli studi del
dottor Winkler” proseguì Moruzzi, “noto psichiatra e farmacologo, hanno
stabilito che la combinazione di Vicagon con esperienze di vita nuove, possono
far regredire la malattia sino alla guarigione.”
“Che significa
esperienze di vita nuove?”
“Dopo aver
assunto 100 milligrammi di Vicagon Testa, che ti renderà immune alle persone e
al Vuoto per almeno un mese, dovrai lasciare il paese per un viaggio.”
“Metaforico?”
“No, reale!”
“E dove dovrei
andare?”
“Non ti
preoccupare, il Vicagon penserà per te. Farai esperienze nuove, viaggiando, vedendo
posti nuovi e conoscendo nuova gente, gente che proprio grazie al Vicagon ti
scatenerà una tale empatia che comincerai ad amare il mondo, lasciandoti alle
spalle la sua mediocrità.”
“E quando
rientrerò dal viaggio che succederà?”
“Beh, se gli
studi di Winkler sono giusti, dovrebbe iniziare il processo di guarigione che
ti porterà a tollerare il Vuoto nel giro di qualche settimana.”
“Probabilità di
successo?”
“Diciamo un
cinquanta percento, ma tentare a questo punto non può nuocere.”
“Mi scusi se non
ho capito: il viaggio! Mi spieghi meglio.”
“Dopo avere
ingerito il Vicagon, nel tuo cervello ci sarà uno sconvolgimento totale. Ti
sentirai un altro… sarai un altro! Avrai pensieri nuovi, una nuova coscienza di
te e del mondo. Ti basterà fare le valigie e portarti dietro qualche soldo.
Diciamo che, per fare un esempio, è come se un mini pilota si sedesse nella
cabina di pilotaggio del tuo cervello e ne prendesse il comando. Viaggerete.
Magari il pilota sceglierà di andare in Brasile, o in Islanda, oppure in India
o a pochi chilometri da qui. Dipende dalle tue inclinazioni inconsce, che il
pilota esternerà. Mi capisci?”
“Credo di sì,
anche se sono un po’ perplesso. Qualcuno ha già provato la cura?”
“Una decina di
malati la sta provando in questo momento. Se decidi sarai uno di loro. Ti
consiglio vivamente di provare, non c’è più molto tempo, il prossimo incontro
con il Vuoto potrebbe essere l’ultimo.”
Guardai mia
madre; i suoi occhi disperati e supplichevoli mi fecero decidere
immediatamente.
“Quando posso
prendere il Vicagon?”
“Prepara le
valigie e vieni oggi stesso in ospedale.”
“Non posso,
verrò domani. Devo finire di scrivere una storia.”
XXVI. BENVENUTI ALL’INFERNO
Questa storia non doveva prendere questa piega ma la
ventura ha deciso diversamente. E allora oggi, primo aprile 2004, dopo aver
testé finito di festeggiare in tutta solitudine il mio 75° compleanno, mi
appresto a raccontare come seviziammo e uccidemmo il giovane Robby.
Il primo ad avventarsi sul ragazzo, dopo
che questi ci ebbe impudentemente canzonato con le parole “morti viventi”, fu
Mastro Marasca, il quale gli assestò un manrovescio sulla mandibola. Robby
barcollò ma non cadde, allora sempre Mastro Marasca gli diede una violenta
ginocchiata nello stomaco. Il Trucido lo prese per la maglietta e lo scaraventò
a terra.
“Ho un’idea!” proruppe Gallo. “Portatelo su
in camera da letto.”
In quella stanza, la vecchia stanza da
letto della vecchia casa di campagna del vecchio Gallo, attraversammo tutti
quanti la linea del non-ritorno.
Spogliammo Robby completamente nudo. Mentre
Zio e Losco lo tenevano fermo torcendogli le braccia e tirandogli i capelli,
Maso lo costrinse a fargli un pompino.
“Se provi a mordermi ti taglio le palle!”
lo intimò. “E non provarti a sputare la sborra, capito?!”
Gli venne in bocca. Non riesco ancora a
credere a quello che facemmo; neppure sotto l’effetto della più potente droga
del mondo credo che un branco di esseri umani apparentemente normali possa
trasformarsi così di colpo in un armento di maniaci omicidi. Eppure…
Capocchia tirò fuori il suo batacchio
smisurato e gridò: “Apritegli il culetto che adesso gli mettiamo la supposta!”
Penetrò il sedere del giovane e questi
gridò dal dolore. Anche Turtlén, Zio, Lennon, Gallo, Mastro Marasca e Losco
vollero inserire il loro gettone nel folle stupro.
“Adesso basta!” intervenne Gisto, e mentre
ancora Losco si trastullava con il martoriato deretano, diede una bottigliata
in testa a Robby. La robusta bottiglia di vino si ruppe in mille pezzi e il
ragazzo cadde a terra svenuto.
Eravamo ancora tutti assatanati, e a parte
Bongio che se ne stava in disparte, avevamo tutti brama di infierire su quel
leggiadro corpo giovane.
“Su, svegliatelo coglioni!” dissi.
Vuotandogli in testa una bottiglia d’acqua
Maso lo fece riprendere.
“Perché non lo impicchiamo?” sbottò Gallo.
“Ho sentito dire che quando si impicca uno gli si drizza il cazzo.”
“Proviamo!” dissero Gisto e il Trucido in
coro.
“Vado a prendere la corda che c’è giù
accanto al pozzo” dissi.
Dieci minuti dopo issavamo il capestro alla
trave centrale della sala dove avevamo consumato la cena. Robby, frastornato e
terrorizzato al contempo, iniziò a piangere.
“NO VI PREGO, LASCIATEMI STARE, NON
UCCIDETEMI!”
“Zitto fighetta!” ordinò con voce metallica
Mastro Marasca.
“PERCHÈ MI FATE QUESTO, IO NON VI HO FATTO
NULLA!”
“Nulla?” intervenni io. “Nulla? Tu hai distrutto
le nostre vite!”
Ancora oggi mi chiedo cosa volessi dire con
quelle parole. A quel punto Robby aveva il cappio al collo e poggiava i piedi
su una sedia di paglia.
“NOOO, VI PREGO, NOOO!”
“Chi vuole avere l’onore?” chiese Gallo.
Tutti ci presentammo accanto alla sedia, a
parte Bongio che disse di non sentirsela. Insieme demmo un calcio al precario
sostegno facendolo volare a pezzi in un angolo.
“Guardate! Allora è vero!” giubilò con un
lampo di gioia sul volto Gallo.
Robby penzolava e il suo membro diventava
pian piano turgido, mentre la vita abbandonava il suo corpo. Esplose in una
mitragliata di sperma e morì.
Scoppiammo tutti a ridere, Bongio compreso,
e le nostre risa si profusero man mano in un climax raggelante: sembravano risa
provenienti dall’oltretomba. Poi il lugubre sghignazzo scemò sino ad esaurirsi,
ma la nostre folle trance era ancora cupida e pulsante. Una fame inspiegabile
ci assalì tutti quanti e quando Turtlén propose di assaggiare Robby, tutti lo
avevamo già pensato.
Gisto, Gallo, Turtlén e Mastro Marasca
pensarono a fare a pezzi il cadavere, mentre Zio e Lennon riattizzavano il
fuoco per preparare nuove braci.
Ogni pezzo del ragazzo venne cotto. A me
toccò un pezzo di coscia, uno squisito trancio di polmone, un ottimo testicolo
e un saporitissimo quartino di gluteo. Nel giro di una mezz’ora non erano
rimaste che le ossa, le quali sotterrammo accanto al pozzo. Bruciammo scarpe e
indumenti e mentre vedevo ardere la maglia con Bart che esclamava “Ciucciati il
calzino!” provai un brivido pensando che non eravamo stati noi a inculare
Robby, ma lui noi.
XXVII. SOLO UN MOMENTO
Solo un momento gente, non ho ancora finito. Ho fatto una
pausa per farmi due dita di Vecchio Jack… è pur sempre il mio
settantacinquesimo compleanno e domani… SI PARTE!
Ma torniamo alla sera maledetta. Dopo aver
fatto sparire tutti gli indizi ci ritrovammo intorno al tavolo della sala da
pranzo. Il silenzio era calato su di noi come una cappa di smog soffocante.
Mentre avvertivamo la follia dissolversi nessuno osava aprire bocca. Altro
misterioso evento: ci assopimmo tutti quanti. Quando alle prime luci dell’alba
ci svegliammo, non avemmo bisogno di parole per capire che nulla sarebbe mai più stato come prima.
Scrivo
queste ultime righe a mano perché ho già staccato il computer. Quello che dovevo
far sapere l’ho scritto. È arrivato il grande momento. Mamma, papà, mia sorella
Arianna e il suo ragazzo Lando, la
Blatta , Gisto, la famiglia Bongiovanni, e Capocchia mi stanno
aspettando giù in strada. Li saluterò , poi andrò all’ospedale da Moruzzi. Il
Vicagon Testa mi guarirà? Quando tornerò dal “Viaggio” lo saprete.
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